Limonov

In pochi giorni ho letto questo racconto sulla vita di Eduard Limonov scritto da Emmanuel Carrère

Un libro che mi ha scosso con le sue pagine dove si alternano fascinazione e disprezzo nell’animo di chi legge le storie vere e ben romanzate di questo personaggio semisconosciuto in italia ma che in Russia si è ritagliato sul campo un ruolo di scrittore/politico dissidente e Alternativo con la A maiuscola (o anarchica).

Una vita che supera tanti scialbi romanzi e che ci ricorda che se è vero che si vive una volta sola è altrettanto vero alcuni riescono a vivere cinque, dieci cento volte la propria vita.

Un incrocio tra Iggy Pop, Henry Miller e Garibaldi. Un’amabile  “figlio di puttana” che non sta mai comodo in nessuna posizione e che è rimasto vivo perché morire in fondo è noioso, non il morire ma l’essere morti.

Carrère ne sembra quasi invaghito e forse ne tollera qualche sfumatura di troppo ma questa non è certo la storia di un santo ne di un Guru da prendere ad esempio. E’ la storia di un uomo che ha vissuto di più, non oltrepassando il limite ma semplicemente spingendolo sempre un po più in là con una spallata di volta in volta.

Limonov

365 giorni in Cattedrale

Da giocatore mi sono chiesto – a che punto è la notte? – Una macchia umana dal rumore bianco in una biblioteca di morti, terra desolata di riso e d’oblio. Con furore il corpo estraneo racconta la storia di una caduta, del sangue del sud tra lacrime e santi e l’inchiesta sul cristianesimo è una macchina del tempo, una guerra dei mondi….ritrovandomi adesso in balia di una sorte avversa.

(365 giorni in Cattedrale)

il genio del Bene

Ci sono libri che leggi distrattamente in un periodo della tua vita ma che prima o poi si ripropongono regalandoti quei doni che per chissà quale ragione avevi rifiutato pochi anni prima.

Mi succede nuovamente rileggendo, ma direi leggendo, per come merita “L’educazione sentimentale” di Flaubert.

Non intendo parlare della assoluta perfezione e bellezza della scrittura che non ricordo d’aver trovato così netta in altri scrittori., ma mi soffermo su un passaggio che mi passeggia in testa da ieri.

–   Mlle Vatanz tessé le lodi del suo carattere. Aggiunse persino che possedeva “il genio del bene –

Il “Genio del Bene”……..

Come tutti ho spesso sentito dire “il genio del male” o “il genio della truffa” ma mai il genio del “bene”

Dire di una persona che è buona suona sempre come un complimento ambiguo, come se nascondesse una debolezza, un congenito difetto che come un handicap potrebbe rendere difficile la vita in questo mondo di squali.

“E’ buono”  in certe società suona quasi se non nettamente come “è un fesso”. Lo sappiamo e da sempre suona così. Un, anzi  “l’Idiota” citando qualcuno infinitamente più importante e chiaro su questo concetto rispetto al sottoscritto.

Per questo mi ha colpito la formula “genio del bene” che ho trovato perfetta per descrivere e dare dignità ad un altissimo valore che è quello della pura Bontà.

La bontà è una dote tanto dichiarata quanto sottovalutata e la sua accezione più nobile, forte e importante viene troppo spesso tralasciata come se fosse un qualcosa di scontato ma inutile.

Avere dentro il Genio del Bene, va oltre essere buoni ma intende un talento innato, lessere dei fenomeni del Bene. Riuscire a fare del bene con naturalezza e forza, con facilità senza cedere nulla  alla compassione, alla remissività o alla debolezza. Il Genio del bene è un vincente, l’esaltazione della virtù umana, Geni si nasce. Anzi si può avere la fortuna di nascere con un Genio (o un Jinn) dentro e se è quello raro del Bene allora nella vita puoi solo vincere.

“hai il Genio del bene”  è la cosa più bella che potrei sentirmi dire